25 ore dopo è … Welcome Nepal.
La differenza con gli aeroporti di Bangkok o Delhi è
notevole, questo è molto…naif, ce ne accorgiamo subito, appena sbarcati,
vedendo il bus navetta, quello che rimane del bus navetta, parcheggiato sotto
l’aereo, gli ci vorranno 3 viaggi per
portarci tutti.
E qua, dove siamo, più che un aeroporto mi sembra una
vecchia stazione di autobus.
Sbrigate rapidamente le pratiche per il visto, 80 dollari e
ci attaccano un bel adesivo 30 giorni multi entry, cerchiamo gli uffici della
zona cargo.
Distano solo un paio di kilometri, il taxi vuole 5 dollari… ma non te ne vai, noi si va a piedi.
Difficile però riuscire a staccarsi di dosso questa gente,
non ti mollano, -si si capito capito-,
ma capito cosa, capito niente continuate a seguirci. Riuscito nell'impresa anche un po’ in malo modo ci incamminiamo verso il magazzino.

Ragazzini, non ancora adolescenti, sniffano colla tra l’indifferenza
generale, uno si avvicina barcollando e con voce impastata mi chiede…-hey mister money money-,
Un uomo dorme per terra, un altro si alza fa qualche passo e
si mette a pisciare, poi torna, con un calcio sistema il cartone si sdraia e
continua a dormire.
Lo smog, il traffico, l’inquinamento acustico sono a livelli
altissimi, ma anche qua non ci fa caso nessuno.
Credo che i nepalesi nascono con il clacson inserito, lo usano sempre
anche senza motivo, tanto per non perdere l’abitudine, non sia mai che quello suoni prima di me, questo deve essere il
loro pensiero e così potete immaginare che concerto stonato.
Ma non spaventatevi, questi sono stati solo i primi metri di
strada fuori l’aeroporto, poi…
Arriviamo al magazzino e subito siamo stati presi in
consegna da non so chi, che afferrati i miei documenti ci trascina in una
stanza piena di computer con altre decine di persone super chiassose e comincia a compilare dei moduli.
Dice che è complicato se non capiamo il nepalese e con lui possiamo sbrigare
tutto in giornata, per soli 100 dollari…ma te ne vai… Lo fermo, ma non ci riesco devo in malo
modo strappargli di mano le nostre carte e mandarlo.. beh avete capito.
Non pensate che sia finita, perché di questa gente è pieno,
si guadagnano da vivere così, non si capisce chi è .., come dire, un vero
ufficiale di dogana.
Riesco non senza fatica a farmi breccia tra il muro umano di
gente che ci strattona da tutte le parti,
non la finiscono mai, anche se gli dici un secco NO!, o se come o fatto io li spingi via in modo energico. Poi ci si avvicina un ragazzo dall'aria tranquilla che con voce moderata mi dice, - ti aiuto io-, non ti do un
soldo, -ok ti aiuto lo stesso, vieni seguimi-, e ci porta al secondo piano nell'ufficio del
boss.
Il tipo ci spiega come funziona, praticamente questo
“esercito di disperati” fa il loro lavoro.
Dopo qualche chiacchiera sul nostro viaggio ci presenta a un
signore e gli dice che siamo italiani e di mandarci via velocemente.
Questo non ha una grande voglia di lavorare e appena fuori
dalla stanza e dalla vista del capo consegna i documenti al ragazzo che è con
noi e non so cosa gli dice.
Comunque passiamo per 3 uffici, 3 stanze sporche e malmesse,
fotocopie timbri compilazione moduli, 100 rupie (1 euro) qua, 396rupie la e 1250 rupie qua, e questo è l’ultimo,
spero.
Finalmente possiamo aprire la cassa e far prendere aria, e
che aria, alla poderosa. Prima però c’è
da pagare il tipo che con martello e palanchino apre la cassa… e ti pareva, 100
rupie.
Ci fosse uno che mi aiuta, tutti guardano toccano si
appoggiano..e dai su, per favore andate
a sputare più in la.
Due ore dopo la poderosa sta sulle sue ruote da sola, il
serbatoio è vuoto ma il ragazzo prende un litro di benza dalla sua motoretta e
lo svuota nel mio serbatoio, possiamo finalmente lasciare questo girone dantesco….

È un incubo guidare in Kathmandu, molto peggio che in
Indonesia. Arriviamo alla guest house
che avevamo prenotato, dobbiamo rimanere una settimana in città, per fare il
visto India, purtroppo non lo rilasciano alla frontiera.
Alobar 1000, è il nome della guest house, è aperta da pochi
mesi, i proprietari sono due giovani fratelli, è molto carina, un bar, un bel
salone con comodi divanetti, le candele accese la sera, -per creare atmosfera-, no, è che in Kathmandu la luce non è
distribuita tutto il giorno. Solo la
pulizia soprattutto dei bagni lascia a desiderare, credo sia un'altra usanza…va beh, è la più economica, 4 euro una stanza e a noi ci basta.

Parcheggio la moto scarico e
di corsa in doccia, rigorosamente freddissima, un giro per la via
principale, ma non ci possiamo fermare a guardare niente, che subito ti
trascinano dentro al negozio. Ceniamo che sono le 6, al rientro la città è
buia. I negozi aperti o hanno il
generatore attaccato o utilizzano grandi batterie con l’inverter come nel caso
della nostra guest house, che garantisce almeno la debole luce nelle stanze.
Il fine settimana lo passiamo girovagando alla scoperta
della città.
Noi si vive a nord del
centro storico, nel quartiere turistico di Thamel, caotico sporco e
disordinato, strette stradine dall'aria irrespirabile affollate di gente, bici
a tre ruote, moto macchine negozi bar ristoranti bazar…, tutto a uso dei
turisti occidentali.
Siamo stati a Asan, per vedere il mercato locale, poi un
giro a Durban Square.
Un paio di ragazzi, ospiti della nostra guest house, ci ha
convinto a far visita a un mercato di prodotti biologici, descrivendolo come la
settima meraviglia, che si tiene ogni sabato. (il sabato è giorno di festa,
l’ultimo giorno della settimana, come la domenica per noi)
Per noi una grande
delusione, tutti occidentali, i venditori i prodotti e gli avventori, siamo
scappati via.


Poi siamo stati al
centro, e passeggiato avanti e indietro per la via principale a osservare la
gente, i loro modi le abitudini. Ci siamo seduti vicino a un tempio per
guardare gli strani, per noi, rituali.
La gente sputa e a questo c’eravamo abituati, si fa per
dire, Timor, Indonesia, Malesia, Thai, Laos, Cambogia…insomma in questi paesi è
pratica usuale, ma qua la novità sta nella preparazione dello sputo. Rumorosa, rumorosissima.
Ce ne sono diverse tipologie, c’è “la sveltina”, un colpo di
tosse una rapida schiarita e …spatatak.
Poi c’è quella che chiamo “omm ce
la fa.. omm non ce la fa..”, questa è più complessa parte da lontano, in crescendo,
con questa ti accorgi veramente del coraggio dello spirito di abnegazione, degli anni di studio di sforzi di
tentativi che il soggetto poverino a passato prima di arrivare..
“all’illuminazione”, e quando finalmente giunge al culmine e…ohh non fatemici
pensare vi prego.
Poi ..ah si poi, poi c’è quella chiamata: “e mo che fo?
quasi quasi sputo”, il tipo seduto o accovacciato a terra con la testa bassa si
sputa tra i piedi, anche se questo, per onor del vero non è uno
“spatatak”,questo non è proprio uno sputo, è più un lasciar cadere…mi capite
vero, poi il tipo rimane li e continua a
osservare i suoi capolavori, non so, forse fa un confronto o che so, magari ci
legge il futuro, il suo.
Tutto questo avviene, come vi ho detto, in maniera rumorosa,
anzi rumorosissima.
Da una parte è bene perché ti avverte in tempo del pericolo,
ma si sa lo sguardo involontariamente segue il rumore e la vista… come dire,
non è decisamente “illuminante”.
E non è finita, si potrebbero scrivere pagine che sono
sicuro rimarrebbero come pietre miliari della letteratura sullo “scracchio”, per
sempre. Ahh che bella cosa, dimmi come sputi ti dirò chi sei…

