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oggi è un bel giorno per morire

31 ottobre 2012

ultima frontiera


Eccoci qua siamo arrivati a Mahendranagar, ultima città del Nepal, nel Far Western.
Sporca, puzzolente, rumorosa, polverosa, semidistrutta, tutto lasciato in uno stato di abbandono.
Mucche, capre, merda di mucca e cumoli di spazzatura ovunque. Decidiamo comunque di fermarci qua un paio di giorni, la gente è simpatica e disponibile.   Gli ultimi 700 kilometri di strada sono stati un po’ pesanti. La strada scorre in una valle, non abbiamo mai superato quota 300 metri, abbiamo attraversato città come Butwal, Bhaluwang, Kohalpur, siamo entrati nel Bardiya National Park, poi ancora Chisapani e Attarya, in un susseguirsi di piccoli e grandi villaggi, ma non siamo mai riusciti a trovare un posto tranquillo dove mettere la tenda. Veniva sempre tanta gente, che guarda, tocca, vuole sapere, non va via se prima non apre tocca esplora e annusa ogni cosa. E quando se ne vanno è già buio e l’umidità è scesa, e a noi tocca cucinare al freddo e alla luce della torcia, ma alla fine va bene anche così.





Quindi quando l’altro ieri siamo arrivati in questa città sporca e puzzolente di Mahendranagar abbiamo deciso di fermarci giusto due giorni per sistemare le nostre cose.


Al quinto tentativo decidiamo per l’hotel Touch Nepal, ma fidatevi qua è meglio non toccare niente.
Non che fosse meglio degli altri, ma qua almeno hanno sempre la luce e internet wi-fi. Quanto a pulizia, lasciamo perdere, questo è il bagno e abbiamo scelto la stanza migliore.

Quando domani entreremo in India non sappiamo dove esattamente andare, il consolato del Pakistan in India come aveva già fatto quello in Nepal ci ha negato il visto e se per shizu è facile e indolore, solo 1 euro, per me spedire il passaporto a un’agenzia in Italia è costoso, complicato e dal risultato non garantito, quindi addio Pakistan, sarà per la prossima volta.
Alternativa, se non troviamo un passaggio via mare per gli Emirati è quella di volare un’altra volta, cosa che non mi piace niente.
Vi aggiorneremo più avanti, adesso andiamo a spendere in provviste le ultime rupie nepalesi e… namaste Nepal.

27 ottobre 2012

brutta sorpresa

25 ottobre
Che dormita, una lavata alla faccia, brrr.. che fredda, colazione e paghiamo il conto. Aspettiamo ancora un po’ davanti a un’altra tazza di the caldo prima di uscire, fuori fa ancora freddo.











8,30  giro la chiave pigio il bottone, sput.. sput, qualche tentennamento poi eccola e che rombo, dai andiamo.

Procediamo piano piano dentro al paese, quando a un tratto ci fermano: -avete il permesso- eccolo – questo non va bene, ci vuole anche -… e mi invita a seguirla in ufficio.

Parcheggio ed entro, la tipa seduta, di un antipatico unico, mi chiede il passaporto e senza darmi nessuna spiegazione dice che devo pagare 80 dollari.
80 dollari per fare 10 kilometri?  Io torno indietro, grazie e per favore i miei passaporti.
La tipa si scalda, vuole a tutti i costi 80 dollari, dice che sono entrato nel parco nazionale e che anche se torno indietro devo pagare. Ragazza forse non ci siamo capiti, io ho già pagato 40 dollari e su questo permesso c’è scritto valido sino a Muktinath, non mi fate passare  e va bene, non fa niente ma io non pago, torno indietro.  Gli strappo passaporti e permessi dalle mani  e esco,  ho una piccola discussione con un militare che vuole fermarci, lo mando, in modo rapido ed educato, a quel paese, salgo in sella giro la moto, siamo senza benzina, al primo negozio ne compro 6 litri in bottiglia, rabbocco e andiamo.

Poco distante dal ceck point la sera avevamo visto un cartello in giapponese ma era tutto chiuso,ora è aperto e entriamo. Qua conosciamo Shota, ragazzo giapponese responsabile di questa NGO che si occupa di agricoltura. Pensate il caso, questo centro è stato fondato da Mr. Kondo, un giapponese. Io di Mr. Kondo ho letto molto perché trovo interessanti le sue teorie sull’agricoltura, tra 3 giorni verrà qua, mi avrebbe fatto piacere conoscerlo di persona ma non abbiamo più tempo purtroppo.
Shota ci invita a un the, ci intratteniamo a parlare un paio di ore poi solita foto, scambio di mail e via, ma prima facciamo il pieno di mele, le famose e buonissime mele di Mustang. La stranezza è che anche i nepalesi preferiscono comprare le insignificanti e insipide mele cinesi. Ma sono tutte perfettamente uguali e avvolte una a una nella loro bella retina di materiale plastico rigorosamente non biodegradabile, globalizzazione..mah!.








Non sto a raccontarvi lo spettacolo dei paesaggi, è la stessa strada già fatta ma… vi metto su un paio di foto, lascio che siano le immagini a descrivere i posti,  và che è meglio. Sognate gente sognate..


















Dicevamo brutta sorpresa, arrivati a Ghasa veniamo fermano al checkpoint. Ci chiedono il permesso e anche i passaporti, mi dicono che devo pagare 80 dollari! E ci risiamo, gli spiego quello successo poche ore prima e che non siamo arrivati a Muktinath, ma che a Jomsom abbiamo fatto marcia indietro. Loro dicono che da Jomsom hanno telefonato i colleghi e che dobbiamo pagare perché questo è un parco nazionale e bla bla bla bla, solita cantilena.
Dicono inoltre che il permesso che abbiamo anche se riporta Muktinath vale solo sino a qua, e quindi visto che siamo entrati dobbiamo pagare.
Gli dico che se mi avrebbero fermato ieri  e detto questo io sarei tornato indietro.
La storia si fa lunga, arriva un altro signore e sequestra i miei passaporti, non vuole ritornarmeli, dice che lui è l’autorità e può farlo. E va bene,visto che sei “l’autorità” conservali bene perché noi ce ne andiamo.
Detto fatto esco e chiamo shizu che si attarda continuando a discutere con loro.
Andiamo shizu lascia stare, è un problema loro, - e i nostri passaporti -, non mi frega, dai sali che voglio andare via.  Infilato casco e guanti stiamo per partire che esce  il tipo e ci viene incontro con i passaporti in mano e me li consegna.  Ora ha un altro tono, è tranquillo e ci spiega che magari il collega ieri si era assentato per il bagno o per pranzo, e io che colpa ne ho, gli dico, non cera nessuno stop, la sbarra era alzata ho guardato e sono passato.  Comunque insiste, in modo gentile, ancora sul fatto che dobbiamo pagare.
Non ho soldi a sufficienza, - ma voi siete turisti, i soldi li avete.. come viaggiate-, amico se ti va ci fermiamo a lavorare qua un paio di giorni, ma di soldi non ce ne.
Possiamo andare adesso, - andate ma ricordatevi che siete illegali -. Ok, presto shizu che se ci ripensano … si continua l’abbiamo scampata, per ora, e già perché c’è ancora il checkpoint di Tatopani, quello dove ci hanno fatto questi permessi.
Scendiamo tranquilli, la moto va che è una bellezza e shizu è contenta, dice che non sente più i colpi con la nuova regolazione dell’ammortizzatore.
 A Dana ci fermiamo e pranziamo insieme al nostro amico Madhu, il  camionista, poi vista l’ora montiamo la tenda al solito posto, vicino al tempio.

La mattina carichiamo la moto, devo fare una piccola riparazione di fortuna perché un paio di giorni fa in una caduta ho rotto il suppuro di una valigia, nulla che con un buon martello… no scherzo, questa volta bastano un paio di fascette e tutto è tornato quasi nuovo, e via verso valle.
Al checkpoint di Tatopani ci fermano come da routine, il tipo che giorni fa ci ha fatto questi permessi non c’è. Questo mi chiede da dove veniamo, che volete che gli risponda, lui non sa niente, mento. Gli dico che ci siamo fermati a Dana perche si è rotta la moto e dopo averla riparata con l’aiuto di un camionista siamo tornati in dietro, poi facendo lo gnorri gli chiedo spiegazioni. E si, il nostro permesso e valido sino a Ghasa dopo bisogna pagare, avevano ragione, ma noi non lo sapevamo,  è andata bene.

Arrivati a Pokhara facciamo la spesa, usciamo dalla città e cerchiamo un posto per la tenda.
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Un paio d’ore e un paio di guadi più tardi lo troviamo, ci sembrava bello, ma mentre sto scaricando la moto arriva un autobus carico di turisti, scendono e disordinatamente si mettono a pisciare in ogni dove, mi fermo riaggancio tutto e via più veloci della luce, questo posto è una toilette pubblica.
 Pochi kilometri e… questo invece è davvero bello, nascosto dalla strada e pulito, un poco incasinato arrivarci ma su dai, dopo aver affrontato gli impervi sentieri dell’annapurna tutto è diventato facile.








24 ottobre 2012

non ci posso credere..

Sono le 6,30 pensavo di essere il primo ma questo grosso cane nero ha vegliato la notte sulla tranquillità della poderosa.
Ringrazio e lui placidamente si allontana, finisco di montare il carter la marmitta e già che ci sono aumento un po’ la durezza del mono ammortizzatore.


 Finito, metto l’olio giro la chiave innesto la marcia e... prima prova superata con successo.
Mentre sono qua che mi gongolo per l’ottimo lavoro fatto…!!non ci posso credere!!…Jahnno…ma sei tu?…-si si… dicevo io questa moto la conosco-, ma che cosa fai qua e Josh..
Allora vediamo di spiegare: come ho detto sono accanto alla pode, tutto fiero di me quando  vedo arrivare due ragazzi, una ragazza e un ragazzo, con i loro enormi zaini. La ragazza passa oltre, ma il ragazzo si ferma ritorna guarda la pode mi guarda, lo guardo…non ci posso credere… Jahnno, l’amico di Josh. Per farla breve, Jahnno esattamente 14 mesi fa a Brisbane in Australia ci ha cucinato un ottimo piatto di spaghetti a casa di Josh che ci aveva ospitato per la notte e Luke, meccanico, fratello di Josh ci aveva dato anche assistenza per la moto, ma se volete capirci di più e rileggervi il fatto cliccate qua.


Incredibile, un anno non so quanti kilometri e ci incontriamo su una montagna del Nepal, davvero "non ci posso credere". Il mondo è bello.
E adesso dopo la foto ricordo possiamo andare, loro scendono vanno a Pokhara noi invece si sale .

Che strada spettacolare, a tratti scavata nella roccia, e si sale e fango e sabbia e pietre e foreste, cascate fiumi, distese di polvere, che fatica. In una gola oltrepassando un piccolo ponte di legno la violenza del vento mi costringe a scendere dalla moto. Metto la moto sul cavalletto ma il vento è così forte che la solleva letteralmente e la sbatte a terra, la leva del freno anteriore si spezza. Siamo rimasti ad aspettare che alcuni portatori ci venissero ad aiutare per rialzare la moto e spingerla fuori dalla gola al riparo del vento. Ho avuto anche un attimo di paura per shizu quando il vento la sbattuta a terra, fortuna che è finita in una buca e ha potuto aspettare che calasse quel tanto da strisciare via al riparo.
Alle 5 esatte siamo a Jomsom, quota 2750 metri, fa freddo siamo stanchi ma ne è valsa la pena,  qua su è bellissimo, mancano dieci o quindici kilometri per Muktinath, ma sta facendo buio, ci fermiamo qua.
Ci sono tanti hotel quindi per non sbagliare scegliamo il più vicino a noi.













23 ottobre 2012

domani...domani...


lunedì 22 
Ci siamo fermati un paio di giorni nella città di Baglung, volevo fare alcuni lavoretti, sistemare alcune cose dell’attrezzatura, ma non ho trovato, o meglio ho trovato ma secondo noi troppo caro, quello che cercavo, così ci siamo solo riposati e rifocillati per due giorni in un “hotel”, appena rimesso in ordine, gestito da un pancione simpatico e da uno sgangherato gruppo di assistenti che non parla inglese e che ogni  sera si ubriaca,  il cuoco invece  persona discreta e distinta cucina veramente bene.
In giro per le vie della città shizu attira l’attenzione e i sorrisi con il suo nuovo taglio di capelli. Dopo questi giorni di totale relax facciamo provviste, vogliamo andare nel parco dell’Annapurna.
Il pancione simpatico ci indica una strada alternativa, più lunga della normale ma a detta sua molto più interessante e soprattutto in off-road, che aspettiamo, andiamo.
La strada è  faticosa ma la vista ci ripaga di tanto sforzo, due ore dopo siamo fermi per pranzo, non è un ristorante, fa solo il the, ma la tipa ci prepara comunque un fumante piatto di “choumin”,  spaghetti cinesi con verdure e un sacco di spezie locali.









Con la pancia piena riprendiamo il massacrante viaggio, altre due ore e ci fermano al check post di Tatopani.  Da questo punto in poi bisogna avere un permesso, noi non lo abbiamo ma il militare dice che lo possiamo fare qua. Il permesso costa 20 dollari a testa e il tipo dice che con questo permesso possiamo arrivare sino a Muktinath, li la strada finisce,  per noi è troppo caro, ma siamo qua e andar via un poco ci dispiace.
Ci facciamo spiegare ancora una volta come funzione e se ci sono altre spese dopo, la risposta è sempre la stessa, no, non dovete pagare altro, e scrive sul permesso route of trekking Tatopani to Muktinath.
   
Con il permesso in tasca riprendiamo la scalata, ma due ore dopo nell'affrontare l’ennesimo tratto in salita con grossi massi la nostra avventura sembra terminata,  la frizione cede e la moto non ne vuol sapere. Con l’aiuto di ben 6 ragazzi riusciamo, sudando come bestie, a spingere la moto più su, dove il terreno davanti a un piccolo tempio è in piano, giusto un bel parcheggio per la stanca poderosa.

Montiamo la tenda affianco al tempio, qua il terreno è più alto della strada, preparo un caffè e della poderosa me ne occuperò domani, ora sono troppo stanco per pensare a una soluzione.

La mattina dopo mentre shizu prepara la colazione io comincio a smontare la moto.
So già qual è il problema, la frizione bruciata, non è che l’ho bruciata qua su queste strade, era un sacco di tempo che volevo cambiarla, è dall’Australia che mi trascino dietro i dischi frizione che Matteo mi ha regalato.
Dicevo..domani la cambio e domani…sapete come vanno le cose, vanno che ora siamo qua in mezzo alle montagne con la frizione bruciata, abbiamo si i dischi nuovi ma non ho la chiave per smontare la frizione,  questa l’ho persa in Australia, e anche qua dicevo domani la compro…domani…e va bhè, che ci volete fare siamo un po’ scemi. -Come dici-… shizu mi corregge, dice -siamo??!!  Sei un po’ scemo-.
Una volta aperto il carter si può notare che se ci fosse stato il livello olio giusto…magari qualche kilometro ancora lo potevamo  fare, pensare che avevo giusto detto, la settimana scorsa, domani devo comprare un litro d’olio…e ma va che sfiga, non mi ha dato il tempo.









Ok, adesso non stiamo a recriminare, come risolviamo con la chiave mancante.
Il vecchietto che sempre viene a farci visita con un amico e i nipotini dice che a Ghasa c’è un meccanico e poi è più vicina di Tatopani.

Non mi resta che mettermi in viaggio. Sono le 10,  zainetto in spalla e via, devo fare 8 kilometri in salita per arrivare a Ghasa.  Sulla strada dopo un paio di kilometri in una località chiamata Dana, tre case e una fonte d’acqua, c’è un camion fermo, differenziale rotto, penso che fortuna. Chiedo al camionista se ha una chiave ma lui mi fa vedere solo una chiave poligonale, io invece cercavo una chiave a bussola, con questa non sono sicuro di riuscire nell'impresa  pazienza continuo a camminare. Arrivo a Ghasa alle 12, due ore… però sono ancora in forma.
Rintraccio il meccanico che stava giocando con un collega a un gioco nepalese, il carrom, una specie di biliardo, un tavolo un metro x un metro quattro buche d’angolo e delle pedine da colpire con le dita.
Il meccanico un vero stronzo, non ha intenzione di aiutarmi, dice -portami la moto domani-, portarti la moto e come cavolo faccio. Provo ancora a convincerlo, parlo anche con l’amico, ma niente, non ha intenzione di abbandonare il suo gioco e di aiutarmi.  
Sono un po’ triste, incazzato, ma non ho altra scelta che tornare indietro e domani andare  a Tatopani   e comprare una chiave.
Via di corsa, e davvero vado giù correndo, pensate che a un certo punto scivolo rimbalzo mi ritrovo il tallone davanti al naso un salto a destra a sinistra e… mi ritrovo 50 metri più in basso in preciso ordinato e in piedi, illeso, nessun segno dell’accaduto.
Mi guardo attorno, do anche uno sguardo in alto, con circospezione prima di tirare un respiro di sollievo, mi sento un po’ come Wile il coyote, quando dopo un salvataggio rocambolesco si sente al sicuro e dal nulla appare un treno e lo investe o dal cielo gli piomba addosso un pezzo di montagna. Ma la domanda che ancora mi faccio è come ci sono arrivato qua giù.
Non pensiamoci e continuiamo a correre.
Quando ripasso per Dana, dove c’è il camion rotto, mi fermo, penso, è impossibile che non abbia sul camion una chiave come serve a me.
Ascolta  Madhu, è il nome del camionista, posso cercare io la chiave. Madhu...li…tacci tuoi, e questa cos'è  e gli mostro una vecchia chiave a tubo, ma manca la leva fa lui, a quella ci penso io, dammi anche un grosso martello appena fatto ti riporto tutto.

Ultimi 2 kilometri,  alle 13,30 sono di ritorno, che atleta. Racconto l’avventura a shizu mentre velocemente pranziamo con caffè e biscotti,  poi  con la chiave di Madhu e quattro colpi di martello ben assestati smonto la campana della frizione, che disastro, tutto bruciato, e si di olio qua ce nera poco davvero.
Pulisco bene monto i dischi nuovi, grazie ancora Matteo, e una energica stretta con colpo di martello finale, e…finito.  











Ora non ho tempo di continuare, prima del buio devo riportare la chiave a Madhu, lui domani mattina parte. Zainetto in spalla e via ultima corsa, ansimante chiedo a Madhu ancora un piacere, mi serve almeno un litro di olio, che problema c’è, va al camion e torna con un barattolo di olio, diesel ma la poderosa non si fa problemi. Madhu dimmi quanto ti devo dare, - ma che dici, scherzi, lo fatto con il cuore, siamo amici ora- questo è quello che mi ha detto, ok grazie e alla prossima, devo correre che se non mi sbrigo arrivo al buio.
Alle 5  l’arrivo vittorioso, stanco ma contento, la mia giornata ora è finita, domani penserò a rimontare la poderosa.