Che dormita, una lavata alla faccia, brrr.. che fredda, colazione
e paghiamo il conto. Aspettiamo ancora un po’ davanti a un’altra tazza di the
caldo prima di uscire, fuori fa ancora freddo.
8,30 giro la chiave pigio il bottone, sput.. sput, qualche tentennamento poi eccola e che rombo, dai andiamo.
8,30 giro la chiave pigio il bottone, sput.. sput, qualche tentennamento poi eccola e che rombo, dai andiamo.
Procediamo piano piano dentro al paese, quando a un tratto
ci fermano: -avete il permesso- eccolo
– questo non va bene, ci vuole anche -…
e mi invita a seguirla in ufficio.
Parcheggio ed entro, la tipa seduta, di un antipatico unico,
mi chiede il passaporto e senza darmi nessuna spiegazione dice che devo pagare
80 dollari.
80 dollari per fare 10 kilometri? Io torno indietro, grazie e per favore i miei
passaporti.
La tipa si scalda, vuole a tutti i costi 80 dollari, dice
che sono entrato nel parco nazionale e che anche se torno indietro devo pagare.
Ragazza forse non ci siamo capiti, io ho già pagato 40 dollari e su questo
permesso c’è scritto valido sino a Muktinath, non mi fate passare e va bene, non fa niente ma io non pago,
torno indietro. Gli strappo passaporti e
permessi dalle mani e esco, ho una piccola discussione con un militare che
vuole fermarci, lo mando, in modo rapido ed educato, a quel paese, salgo in
sella giro la moto, siamo senza benzina, al primo negozio ne compro 6 litri in
bottiglia, rabbocco e andiamo.
Poco distante dal ceck point la sera avevamo visto un
cartello in giapponese ma era tutto chiuso,ora è aperto e entriamo. Qua
conosciamo Shota, ragazzo giapponese responsabile di questa NGO che si occupa
di agricoltura. Pensate il caso, questo centro è stato fondato da Mr. Kondo, un
giapponese. Io di Mr. Kondo ho letto molto perché trovo interessanti le sue
teorie sull’agricoltura, tra 3 giorni verrà qua, mi avrebbe fatto piacere
conoscerlo di persona ma non abbiamo più tempo purtroppo.
Shota ci invita a un the, ci intratteniamo a parlare un paio di ore poi solita foto, scambio di mail e via, ma prima facciamo il pieno di mele, le famose e buonissime mele di Mustang. La stranezza è che anche i nepalesi preferiscono comprare le insignificanti e insipide mele cinesi. Ma sono tutte perfettamente uguali e avvolte una a una nella loro bella retina di materiale plastico rigorosamente non biodegradabile, globalizzazione..mah!.
Shota ci invita a un the, ci intratteniamo a parlare un paio di ore poi solita foto, scambio di mail e via, ma prima facciamo il pieno di mele, le famose e buonissime mele di Mustang. La stranezza è che anche i nepalesi preferiscono comprare le insignificanti e insipide mele cinesi. Ma sono tutte perfettamente uguali e avvolte una a una nella loro bella retina di materiale plastico rigorosamente non biodegradabile, globalizzazione..mah!.
Non sto a raccontarvi lo spettacolo dei paesaggi, è la stessa strada già fatta ma… vi metto su un paio di foto, lascio che siano le immagini a descrivere i posti, và che è meglio. Sognate gente sognate..
Dicevamo brutta sorpresa, arrivati a Ghasa veniamo fermano al checkpoint. Ci chiedono il permesso e anche i passaporti, mi dicono che devo pagare 80 dollari! E ci risiamo, gli spiego quello successo poche ore prima e che non siamo arrivati a Muktinath, ma che a Jomsom abbiamo fatto marcia indietro. Loro dicono che da Jomsom hanno telefonato i colleghi e che dobbiamo pagare perché questo è un parco nazionale e bla bla bla bla, solita cantilena.
Dicono inoltre che il permesso che abbiamo anche se riporta
Muktinath vale solo sino a qua, e quindi visto che siamo entrati dobbiamo
pagare.
Gli dico che se mi avrebbero fermato ieri e detto questo io sarei tornato indietro.
La storia si fa lunga, arriva un altro signore e sequestra i
miei passaporti, non vuole ritornarmeli, dice che lui è l’autorità e può farlo.
E va bene,visto che sei “l’autorità” conservali bene perché noi ce ne andiamo.
Detto fatto esco e chiamo shizu che si attarda continuando a
discutere con loro.
Andiamo shizu lascia stare, è un problema loro, - e i nostri passaporti -, non mi frega,
dai sali che voglio andare via. Infilato casco e guanti stiamo per partire che
esce il tipo e ci viene incontro con i
passaporti in mano e me li consegna. Ora
ha un altro tono, è tranquillo e ci spiega che magari il collega ieri si era
assentato per il bagno o per pranzo, e io che colpa ne ho, gli dico, non cera
nessuno stop, la sbarra era alzata ho guardato e sono passato. Comunque insiste, in modo gentile, ancora sul
fatto che dobbiamo pagare.
Non ho soldi a sufficienza, - ma voi siete turisti, i soldi li avete.. come viaggiate-, amico
se ti va ci fermiamo a lavorare qua un paio di giorni, ma di soldi non ce ne.
Possiamo andare adesso, - andate ma ricordatevi che siete illegali -. Ok, presto shizu che se
ci ripensano … si continua l’abbiamo scampata, per ora, e già perché c’è ancora
il checkpoint di Tatopani, quello dove ci hanno fatto questi permessi.
Scendiamo tranquilli, la moto va che è una bellezza e shizu
è contenta, dice che non sente più i colpi con la nuova regolazione
dell’ammortizzatore.
La mattina carichiamo la moto, devo fare una piccola
riparazione di fortuna perché un paio di giorni fa in una caduta ho rotto il
suppuro di una valigia, nulla che con un buon martello… no scherzo, questa
volta bastano un paio di fascette e tutto è tornato quasi nuovo, e via verso
valle.
Al checkpoint di Tatopani ci fermano come da routine, il tipo
che giorni fa ci ha fatto questi permessi non c’è. Questo mi chiede da dove veniamo,
che volete che gli risponda, lui non sa niente, mento. Gli dico che ci siamo fermati
a Dana perche si è rotta la moto e dopo averla riparata con l’aiuto di un
camionista siamo tornati in dietro, poi facendo lo gnorri gli chiedo spiegazioni.
E si, il nostro permesso e valido sino a Ghasa dopo bisogna pagare, avevano
ragione, ma noi non lo sapevamo, è
andata bene.
Arrivati a Pokhara facciamo la spesa, usciamo dalla città e cerchiamo
un posto per la tenda.
.
Un paio d’ore e un paio di guadi più tardi lo troviamo, ci
sembrava bello, ma mentre sto scaricando la moto arriva un autobus carico di
turisti, scendono e disordinatamente si mettono a pisciare in ogni dove, mi fermo
riaggancio tutto e via più veloci della luce, questo posto è una toilette
pubblica.
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