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oggi è un bel giorno per morire

31 marzo 2012

fortuna che c'è Marco

Buongiorno buongiorno, queste sono le parole che mi svegliano in questa splendida mattina, ma chi cavolo è, apro la tenda e faccio capolino…Paulo!! e tu..alla fine ce l'hai fatta, sei arrivato, e la bici… aaa!!!  su è fantastico, una bellezza dai vai vai sulla cima, ci si rivede in giro, noi rientriamo a Dili tra una settimana, ciao buona scalata.
Cavron di un brasiliano, è arrivato anche lui con quella vecchia bici, sono contento.
Stamani per colazione  riso freddo con tonno, quello avanzato da ieri, un caffè e poi mettiamo tutto a posto, carichiamo la moto e… siamo pronti per la discesa.

Shizu preferisce andare a piedi, almeno per questo primo tratto, bene io vado, scendo con disinvoltura sino al primo tornante, li sono costretto a fermarmi, quello che resta della strada è messo troppo male. 



Mentre aspetto shizu comincio a scaricare la moto e a portare i bagagli più giù, come al solito mi ci vogliono 3 viaggi andata e ritorno, che fanno quasi 3 kilometri, la giornata inizia bene, un buon allenamento.
Shizu mi ha raggiunto e porta giù le ultime cianfrusaglie, io sono pronto, vado, supero l’ostacolo “tornante massacrante” e  raggiunto i nostri bagagli  ricompongo la poderosa.
Dai monta shizu che da qua sino al prato dove abbiamo dormito l’altro giorno la strada è abbastanza tranquilla. 

Mi fermo poco prima dei due curvoni dalla forte pendenza,  mentre faccio un sopraluogo per cercare la via migliore, arrivano le 3 guide con cui abbiamo fatto il picnic sul monte insieme ai nostri amici Portoghesi.-Come state, che fate..no ma è pericoloso, è meglio che ti aiutiamo a portare i bagagli -, si lo so, sarebbe molto meglio, ma non ho soldi.. e lui fa agli altri due amici..-non ha soldi niente aiuto-.
Sapete non c’era mai successo, mai in nessun paese attraversato, di solito la gente ci ha sempre aiutato senza pretendere nulla in cambio.
Quello che succede qua è una cosa strana, non saprei dirvi, probabilmente sono stati abituati così dalle precedenti occupazioni, quando c’erano gli Indonesiani venivano pagati per non fare niente, ora sotto quest’ultima occupazione ancora vengono pagati e… ma basta, non voglio far politica, voglio solo raccontare quello che stiamo vivendo.
Quindi mettiamola così: qua se stai per affogare ti sollevano appena il mento tanto per tenerti in vita e allungano la mano, se ci metti qualcosa è possibile che un bastone te lo buttino, niente di più, in caso contrario non faranno niente, continueranno a guardarti seduti nella loro classica posizione accovacciati a terra.
Nel post precedente non l’ho raccontato, ma ieri quando ci sbattevamo con la moto, c’erano anche altre persone che si sono solo limitate a  guardarci e a seguirci,  anche quando mi è rimasto il piede incastrato sotto pensate forse che…va bhè fanc..., ma torniamo a oggi.
Dicevo il tipo quello che parla un po’ di portoghese prima mi offre il loro aiuto ma appena gli dico che non c’è moneta…ahh…non si può far niente.
Però non se ne vanno, saranno mica un pochino bastardelli,  ti seguono sperando in un tuo errore, godono a vederti soffrire, mah …fortuna che la giornata è appena iniziata e sono ancora fresco e in forma.

Salgo in sella guardo il discesone, nooo, a questi bast… la soddisfazione di vedermi sdraiato a terra non gliela do, prendo un bel respiro butto fuori e do gas.
Sbandano da una parte all’altra riesco ad arrivare in fondo alla strada, loro sono ancora lì sul costone,  in cima che continuano a guardarci, strana gente. 

Nel paesino è giorno di mercato, la folla che si accalca attorno a noi mi costringe a fermarmi.   Parcheggio e chiedo informazioni sulla strada da fare, sapete che noi viaggiamo senza mappa e che neanche mi piacciono, però mi piacciono molto quelle che i locali si inventano.  
 Abbiamo la mappa, prego gente fate largo andiamo.










Il paesaggio è da cartolina, ci fermiamo a fare pranzo a Ainaru, con 3 dollari ci hanno riempito come maialini, la tipa è simpatica e parla anche un po’ inglese. 





Non so quanta strada abbiamo fatto, ma alle 2 vediamo un posto sulle rive di un fiume che per noi è perfetto, ci fermiamo e montiamo la tenda a pochi metri dall’acqua.
È presto così mi dedico alla riparazione delle carene della moto che con le tante cadute hanno rotto tutti i supporti.
Fortuna che avevo ancora il rotolino di filo di ferro che Marco il famoso meccanico mi aveva consigliato di portare quando abbiamo lasciato l’Italia 3 anni fa.  Lui è un vero professionista, un mago con il filo di ferro, gli ho visto fare cose che noi umani nemmeno riusciamo a immaginare. 
Certo lui sicuramente avrebbe fatto un lavoro migliore del mio, io sono un principiante del filo di ferro, ma sono ugualmente soddisfatto, credo che mi promuoverà. 











30 marzo 2012

arrivati, quota 2963


giovedì 29

La mattina mentre facciamo colazione davanti a una splendida alba, arrivano dalla montagna alcuni ragazzini che vanno a scuola giù nel paese, “Hey mister..pan..biscotti”…
shizu che faccio…ci sono rimasti solo 2 pacchetti di crackers, ok, uno per voi e uno per noi, ma ora via andate a scuola,  andate andate.  Shizu presto via di corsa anche noi  che qua arriva tutto il paese.
Il primo tratto di strada è percorribile, poi una lunga interminabile spacca braccia difficile salita, e sale sale sale eee…crasch bum crasch…finiti a terra.
Mancano ancora 2 kilometri per arrivare al campo base e la strada o meglio quello che ne  resta, della strada, è sempre meno percorribile.
Solleviamo un paio di volte la moto da terra ma  non riesco a tenerla ferma in piedi, scivola e sono costretto a   lasciarla cadere di nuovo.
La trascino di forza  strusciandola sulle pietre aiutandomi anche con un grosso ramo, senza troppi complimenti, sino a un punto della strada che mi sembra migliore e dopo vari e faticosi tentativi  riusciamo a rimetterla in piedi, shizuyo è sfinita.










Appena riprendo fiato salgo in sella e vado su da solo.          Sono solo 2 kilometri ma assai difficili, ho rischiato di cadere un paio di volte, in un tornante la strada é stata portata via dall’acqua e ora ci sono solo enormi canaloni, ma alla fine eccomi qua, sono sul piazzale del campo base.
Ora torno indietro e comincio a portare su lo zaino e il borsone, poi tocca alle valige, mi ci vorranno 3 viaggi per completare il trasporto, ma l’ultimo proprio non posso, sono  già le 2  il sole è durissimo, sono sudato e affamato, in più nella caduta un piede mi è rimasto incastrato sotto la moto ora e ho la caviglia gonfia e dolorante.

In mio aiuto viene Pedro, il guardiano del campo base che si presta  ad aiutarmi per la modica cifra di 30 dollari..!!! che brutta gente che sono i Timorensi, ci sono fantastiche eccezioni per fortuna anche qua, ma abbiamo incontrato a differenza degli altri paesi attraversati molta indifferenza, quasi cattiveria.
Alla fine riuscirò a fargli portare la valigia per 10 dollari, in aggiunta ho dovuto pagarne altri 10… il biglietto d’ingresso al campo base, dice che questo è un posto sicuro, non sarà invece così, al nostro ritorno dalla cima ci accorgiamo che è sparita la pinza multiuso, magari proprio il Pedro, il guardiano premuroso, è il ladrone.










Siamo a quota 2200 metri in un grande spiazzo verde dove si può fare camping, un arco di cemento con a un lato raffigurato sulle piastrelle San Francesco, credo un regalo di Papa …non so quale, ecco, questa è la porta, l’ingresso all'ascensione della cima.
Una brutta sorpresa però ci aspetta, qua non c’è niente da mangiare, il Pedro nella sua baracca non vende assolutamente niente…!!! ma ci avevano detto… siamo stati ingannati o  non ci hanno capito?



Che si fa… in 2/3 ore si arriva sulla vetta, cosi dice Pedro.    Shizu, cinque e mezza sei e mezza al massimo siamo su, montiamo la tenda e si dorme,  la mattina presto appena dopo l’alba riscendiamo,  a metà mattina già abbiamo le gambe sotto un tavolo, dai si può fare andiamo!
Carico lo zaino e il borsone e si comincia, oh gente… mezzora è durato l’entusiasmo e l’energia, poi la stanchezza ma soprattutto i 20 kili che porto sulle spalle hanno piegato prima le mie ginocchia poi il mio spirito.

Anche shizu non ne può più e anche lei ha tanta fame, alle 6 sotto il diluvio ci fermiamo  in un piccolo quadrato di terreno tutto pietre e in discesa, siamo a quota 2500, montiamo la tenda.
Abbiamo 6 crackers e 4 fette di pane che devono bastare per cena e colazione, ora mangiamo i crackers e 2 fette di pane, che fame ma siamo talmente stanchi che ci addormentiamo e non ci facciamo caso, come non facciamo caso nemmeno all’acqua che copiosamente entra da ogni dove.

La mattina sveglia alle 5 il sole sta nascendo, che spettacolo.
Riponiamo nello zaino la tenda e i sacchi bagnati, ora pesa sicuramente più di 20 kili, mangiamo lentamente le due fette di pane rimaste e andiamo.










Che fatica,  uffi..ma quando arriviamo in cima!?.. a 2600 metri appena usciti dalla boscaglia ci troviamo davanti una radura e sulla destra in un tratto dove il terreno è rialzato un bellissimo rifugio, averlo saputo ieri, ci fermiamo per riposare e fare qualche foto, sono le 9,30.
Vediamo la statua della madonna posta sulla cima, ma non arriviamo mai, comunque il paesaggio è bellissimo,  spesso ci fermiamo a fantasticare su dove sarebbe bello mettere la tenda o dove costruire un piccolo rifugio.




Continuiamo a camminare, per fare questi quasi 400 metri di dislivello che ci separano dalla cima ci impiegheremo 2 ore e mezza.
Siamo arrivati, la statua della madonnina è tutta sola, ma non credo si senta così, quello che si vede da quassù è...così silenzioso, così tranquillo così straripante di energia, invece noi, noi come esseri umani, siamo così rumorosi, così invadenti, così lontani dall'armonia delle cose, abbiamo bisogno di fermarci, di disimparare di vomitare tutta la nostra cultura, il nostro vuoto sapere, riprendere il contatto... calpestiamo questa terra tutto il giorno tutti i giorni eppure ne siamo così lontani,  ricominciare... dovremmo ricominciare ascoltando il silenzio...ma ora fatemi sognare davanti a questo panorama.    Abbiamo fatto appena in tempo, che fortuna, cominciano ad arrivare le nubi, su questa montagna piove sempre nel pomeriggio.
Tira un bel vento, monto la tenda per farla asciugare, un po’ meno peso al ritorno…spero.




Sei pronta,- ho fame-,  dai che ora la strada è in discesa ed è più facile,- davvero?- certamente e se non basta ti do una spinta… vedi come fai presto ad arrivare giù, -non scherzare- non scherzo, andiamo andiamo!!.


Sarà ma anche in discesa è una bella fatica, a un certo punto incontriamo 3 ragazzi portoghesi, sono militari e anche loro, come il nostro amico Carlos,  fanno parte del GNR, la Guardia Nazionale Repubblicana.
-Come state-, ci conoscono perché ci avevano visto in caserma, quando andiamo a trovare Carlos o per pranzo, non troppo bene, siamo affamati, - andate giù al rifugio, li ci sono 3 guide che ci aspettano, noi andiamo sino in cima, in un ora ritorniamo e mangiamo assieme- ok allora ci si vede dopo.

 Il fuoco era acceso e come tornano i ragazzi ci mettono su il choriso, poi tonno pane formaggio frutta e.. in mezzora ci riprendiamo, ma non basta, ci regalano anche le scatolette di tonno avanzate così la cena è assicurata.    











picnic finito al rientro al campo si  offrono di portare lo zaino di shizu e il mio borsone, ufff…peso dimezzato, e vai, viva  il Portogallo.
Caspita però come camminano questi militari, dei siluri, noi arriviamo al campo base mezz'ora dopo che loro stanno per partire, ritornano a Dili in caserma, li salutiamo e ringraziamo ancora, ci si vede comunque in caserma uno di questi giorni, prima di lasciare Timor passiamo a salutarvi.
 Sta cominciando a piovere, decidiamo di rimanere a dormire qua, montiamo la tenda sotto un grande gazebo, almeno si sta asciutti, che giornata, ora un caffè caldo e cuciniamo il nostro solito riso.



28 marzo 2012

verso Monte Ramelau


Nell’attesa del Carnet ci siamo messi in viaggio verso la vetta più alta di Timor Est, Mt.Ramelau, che è anche, come dicono i portoghesi la montagna più alta dell’ex impero portoghese, 2963 mt.
Lasciamo Dili che sono le 10 precise, fa caldo e la strada è come tutte le strade da queste parti,  un disastro.
Le strade le hanno fatte gli Indonesiani quando avevano occupato questa parte dell’isola, e sono rimaste le stesse di allora.
I Timorensi non hanno gran  voglia di lavorare, non fanno nessuna manutenzione,  le lasciano così…ogni giorno si aggiunge una nuova buca, crolla un ponte…non importa, guadano il fiume…qua  è tutto così, all’abbandono, una rovina.




Sulla strada incontriamo Paulo, un ragazzo Brasiliano conosciuto a Dili che sta pedalando con una vecchia bicicletta intorno all’isola, ora si è rotta ed è qua fermo presso  uno dei tanti gommisti improvvisati che, viste le condizioni delle strade,  pullulano lungo il percorso.
Anche lui vuole andare al Monte Ramelau, bhè… allora se riescono a riparartela ci si vede sulla vetta, a presto.

Arriviamo a Hatabulico, ai piedi del monte Ramelau, sbagliando strada o meglio…sbagliando  sentiero diverse volte, che sono le 3.














Qua a Hatabulico  normalmente si fermano tutti e proseguono a piedi, siamo a quota 1950 mt. Ci sono ancora 3 kilometri per arrivare al campo base a quota 2200 mt.

Questi 3 kilometri  si possono fare  solo con un 4x 4  e dipende dalle condizioni meteo.
In questo minuscolo villaggio c’è un ostello che con 13 dollari a testa ti fa dormire di da la cena e anche la colazione, ma il posto non ci piace, anche per montare la tenda non troviamo niente di nostro gusto, decidiamo di tentare la salita con la moto, prima però ci informiamo se più su si trova da mangiare, se c’è un posto dove vendono qualcosa, ci dicono di si, bene allora andiamo.

500 metri e arriviamo davanti al cancello, tre lunghi legni messi in orizzontale che devo sfilare dai pali posti nel terreno.

Quello che vedo, con la fatica nelle braccia dopo tante ore di guida su queste fatiscenti strade, non mi piace per niente, un salitone ripido di pietre smosse.
 Ripeto che…  non mi piace, ho fame e sono stanco, ma è qua, davanti a me e mi sta chiamando, non posso deluderla, devo andare.
Shizu tu vai a piedi, questo pezzo lo faccio da solo.
Ingrano la prima e do gas dosandolo con attenzione, le pietre la salita ripida e il troppo peso dietro rendono l’anteriore leggero,  tenere la ruota a terra  mantenere la direzione e l’equilibrio  è difficile e faticoso.
In altre circostanze avrei messo prima seconda spalancato il gas eee… su su  scodando e sparando sassi da una parte all’altra, ma …già... perché non farlo anche adesso penso, se devo cadere almeno lo faccio divertendomi.
Un paio di sgassate, seconda apro la manetta eee…su andare, 300 metri… la poderosa urla e salta da una parte all’altra poi un tornante secco a sinistra, nooo, questo non posso, sulla destra un piccolo spazio dove forse riesco a fermarmi senza cadere, wow…ce l’ho fatta...no, dire proprio di no.

Arriva shizu seguita da una decina di ragazzini curiosi, rimettiamo in piedi la poderosa e smontiamo i bagagli,  ci sono un paio di tornanti veramente impossibili da fare con il carico, mentre loro i ragazzini toccano tutto.
Subito dopo questi due tornanti la strada si fa piana e c’è un grande prato dove decido che ci fermeremo per passare la notte.
Con due viaggi e anche con l’aiuto dei ragazzi riusciamo a portare su tutto, ora vado a prendere la moto, com’è leggera, è come guidare una bicicletta.
Montiamo la tenda e i ragazzini continuano a stare con noi, toccano tutto e vogliono tutto, che stress.
Un ragazzino che aveva aiutato shizu a portare  la tanica dell’acqua continua a seguirla, vuole 5 dollari, lo chiamo e gli dico che non ci sono soldi, grazie ma… no money!.
Tiro fuori un pacco di biscotti e li distribuisco, non lo avessi mai fatto…in 10 minuti siamo circondati da mani tese e altre che si accarezzano lo stomaco, chiedo ancora per sicurezza se più su si può comprare qualcosa da mangiare, mi confermano di si.
Abbiamo ancora 2 pacchi di biscotti, shizu glieli do, noi li ricompriamo domani.
Ma la processione non è finita, è quasi il tramonto e ne arrivano altri 4  e anche loro ci chiedono da mangiare, teniamo 4 fette di pane per la colazione e il resto glielo diamo.







                                               

26 marzo 2012

Dili- Timor Est 60 giorni dopo...


Ancora a Dili..ma che ci fate…vi piace così tanto?…direte voi.
Già, ancora a Dili,  non è che ci piace particolarmente, è che come sapete questo era l’unico paese, che con un po’ di fantasia, ci avrebbe fatto  entrare anche senza Carnet .
Qua i nostri piani prevedevano una sosta giusto il tempo per riavere un nuovo Carnet, ma si sa come sono andate queste cose.
Come ho raccontato nel post precedente sembrava tutto risolto, dopo aver parlato con il Dott. Paolo Diamante il grande capo dell’ACI  di Roma, il quale ci aveva concesso, proprio come favore personale per permetterci di poter rientrare in italia,  un nuovo Carnet a patto di fare una nuova fideiussione, ora solo mancava trovare una compagnia di assicurazioni che emettesse questa benedetta fideiussione.
La compagnia da noi utilizzata l’anno precedente ora non si occupa più di fideiussioni, allora bombardo letteralmente di mail un numero spropositato di agenzie in tutta italia isole comprese, risultato…-no, noi non facciamo questo tipo di pratiche…no con i privati niente fideiussioni…no..ci dispiace-…le risposte erano tutte più o meno simili.
Ho chiesto anche aiuto a altri amici viaggiatori, Fabrizio,  Massimiliano,  Ture.. ma anche da queste agenzie consigliate dai miei amici la risposta è stata  sempre la stessa…- no, da quest’anno non facciamo più questo tipo di pratiche-.    Solo una, la Coface del sig. Bianchi dopo una settimana di tentennamenti ha accettato, ma pretendeva che mia sorella andasse a firmare di persona a Teramo…questa della firma è davvero una cosa strana.
Che fare? Roma dall’alto del suo colle nella sua grande magnanimità ci aveva concesso un’altra possibilità e noi adesso non riusciamo a fare sta c..avolo di fideiussione.
Mia sorella Rita mossa a compassione chiede aiuto alla sua banca, interminabile sia la lista di documenti che le chiedono e a parte il costo il tempo necessario per espletare la pratica, niente di sicuro ma le dicono che ci sono buone possibilità che ci concedano la fideiussione sotto  la sua garanzia.
Nel frattempo io continua a cercare in rete altre soluzioni, visito siti stranieri e capito sulla pagina del Touring Club Svizzero,  e sorpresa loro rilasciano il Carnet anche ai non residenti in svizzera.
Fanno le pratiche online e lo spediscono in tutto il mondo, anche sulla luna non appena la Nasa metterà a disposizione un servizio di  space shuttle postale.
Che mi costa, proviamo. È venerdì mattina, invio una timida mail per chiedere se la cosa fosse vera e come fare, poi continuo a mandare mail a altre assicurazioni in italia, preferisco la fideiussione assicurativa a quella bancaria.
 Sono le 12 35 sono ancora qua che smanetto con il pc quando ricevo la mail di risposta dalla svizzera…che rapidità, quando scrivo all’ACI non ricevo risposta prima di ¾ giorni…ma poi penso… la svizzera è piccolina, ci abita solo il nonno con Heidi e 4 caprette…questi non hanno niente da fare tutto il giorno, è normale che siano così veloci, invece Roma…all’ACI di Roma…ehh quanto si lavora…
La risposta è stata questa, grazie per la tua mail, certamente  noi possiamo darti il Carnet.
Compila il questionario e invia la copia del passaporto libretto e  patente.
Facci sapere dove spedirti il Carnet(ambasciata o hotel)  se vuoi posta o  corriere dhl.
Dopo il pagamento ti inviamo il Carnet.
Ti dirò la spesa dopo che riceverò  i tuoi documenti.  Questo in sintesi e conclude..
Spero che ti sia tutto chiaro e rimango a tua disposizione. Saluti ecc ecc.
Apro una piccola  parentesi, questa invece è la chiusura dell’ennesima mail ricevuta dall’ACI con sempre nuove e mai conclusive richieste:..
Gentile sig. Pasqui, bla bla. su incarico del dr. Diamante bla bla bla..Nella delega bla bla bla ..Anche Sua sorella bla bla bla 
Credo sia tutto
Cordiali saluti
Marisa Grillo
Credo sia tutto…!!.. si può rispondere così all’ennesima richiesta di informazioni..va bè, chiusa parentesi.

Mi metto subito al lavoro, scarico il questionario sul pc, è in formato PDF, io non ho un programma per scriverci sopra così lo converto in immagine JPG e con un semplice programma di fotoritocco ci scrivo su. 
Compilo tutti campi, nome…nascita…moto…modello..numero..la data e… eccoci ci siamo… “dove”…ma in fondo a sinistra, proprio qua vedete.. c’è scritto firma…è da un po’ di tempo che  quando sento questa parola  non so, mi viene l’agitazione.  E adesso che faccio, questi sono precisi, sapete come si dice precisione svizzera, devo stare attento, scegliere bene, non posso correre rischi.      Passo in rassegna tutti i caratteri di word e alla fine dopo tante prove sfinito ma entusiasta opto per il carattere Vivaldi, un corsivo elegante ma con carattere, mi piace,  fa tanto  retrò. Ecco fatto, ancora una prova per azzeccare la dimensione e lo spessore poi lo sistemo per benino proprio sopra la riga tratteggiata… mmmh…ottimo lavoro sembra vero.
 Shizu, portami la camera, faccio la foto al passaporto al libretto e alla patente, le scarico nel pc le converto in PDF e invio tutto a Evelyne, cosi si firma la tipa che segue le pratiche del Carnet.
Due ore dopo…si ho detto due ore dopo, ricevo la risposta, -tutto ok in allegato trovi il modulo da firmare con l’importo della garanzia, firma e rinvia… come riceveremo i soldi invieremo il Carnet… tempo approssimativo 5 giorni, grazie saluti ecc ecc.-
Il lunedì faccio il bonifico on line, non resta che  aspettare.
Venerdì, dopo 5 giorni approssimativi, ricevo l’mail ,  -il carnet è pronto in allegato trovi le prime due pagine  e anche alcune utili informazioni sui paesi che visiterai, buon viaggio distinti saluti ..ecc ecc.-
Fantastico anche le schede informative dei paesi che attraverseremo, e poi guarda shizu che bello il nostro nuovo Carnet.   
O mio dio, ma questo che cos’è.?  Il numero della targa non è questo, però è quello che io ho scritto sul questionario, ma dove c..arnet avevo la testa.  
Ok, non perdiamo la  calma devo scrivere a Evelyne, gli scrivo cosi: cara Evelyne, il numero sul Carnet non è quello della targa, questo può essere un problema?  Un’ora dopo la risposta:- Caro sig: pasqui Si, certamente che è un problema! questo non è il numero di targa?  È il numero che tu hai scritto sul modulo.  Fammi sapere urgentemente che richiamo subito la spedizione. Grazie.
  Questo è quello che mi ha scritto, ma in realtà avrebbe voluto dirmi ben altre parole, lo so, anche voi lo pensate vero, su dai non fatevi problemi, lo penso anch’io, sono proprio un coglione, non dovevo far altro che ricopiare 4 semplici numeri, chissà cosa mi passava per la testa .
A mio favore solo il fatto che stavo male, molto male, ho preso la dengue, ho avuto per tre giorni, notte e giorno, la testa che sembrava esplodere, un dolore fortissimo dietro gli occhi, deambulavo a fatica, mai  mi ero sentito così, comunque ora sto bene .
Non pensiamoci più, ho inviato un mail di risposta a Evelyne ma adesso sono le 5, l’ufficio è chiuso e per la risposta dobbiamo aspettare  un'altro lunedì… come si dice.. per far presto è tardi…e allora che ci vuoi fare…è un vero  peccato, lo avevo tra le mani…ma va bè, cambiamo discorso, parliamo di nuovi amici.

In questo tempo di attese per risparmiare ci siamo trasferiti in spiaggia, sembra strano, ma questo ad oggi è uno dei paesi più cari, siamo a livello Australia, pensate che basta attraversare la frontiera 120 km più su, entrare in Indonesia e il costo della vita si riduce della metà.
In spiaggia come sempre la vita è tranquilla, io sono esperto pescatore e quasi ogni giorno prendo un pesce, tranne una domenica.
Non solo io sono stato sfortunato, anche un pescatore locale che tutti i giorni viene a pescare qua davanti la spiaggia con il suo fucile di legno, oggi ha fatto la sua solita nuotata ma è ritornato a terrà senza neanche un pesce, dice che è colpa del tempo, stanotte ha fatto burrasca.






Ora capisco, non è che ho perso il mio tocco, è colpa del tempo, dai andiamo shizu tanto oggi non si può continuare, ho perso l’ultimo, il solo amo che avevo.
Ci incamminiamo verso la tenda, noi si va a pescare  su una scogliera non troppo lontana dalla spiaggia, ci stiamo avvicinando e vediamo che il nostro accampamento è circondato da gente e macchine delle UN, nazioni unite, sapete che queste organizzazioni non godono della mia simpatia.


Sono tutti uomini, chi prende il sole chi nuota e altri hanno allestito un barbecue vicino alla nostra tenda, al lato del grande albero, credo che questo posto per così dire sia il loro, sicuramente si sistemavano sotto l’albero all’ombra, al posto della nostra tenda.
Qualche sguardo, un accenno di saluto niente di più, fino a che non esce dall’acqua Carlos, è cosi che si presenta, si avvicina e ci chiede se siamo italiani, poi dice che ha un amico in Italia, un carabiniere conosciuto in missione in Kosovo.
Lui Carlos è un militare Portoghese, in forza a Dili con le nazioni unite, fa parte delle forze speciali, quella  polizia multinazionale nata in Europa ma a quanto pare sotto il controllo degli americani...come dire...umh...meglio non dire, va va,  passiamo oltre
È un motociclista  e come tutti i motociclisti ha un sogno, quello di viaggiare in moto, ma lo farà dice appena va in pensione.
Si parla di moto di raduni, ci chiede del viaggio ci racconta di lui del suo lavoro delle sue esperienze, si beve birra  facciamo conoscenza con il resto della squadra e poi tante foto assieme alla poderosa e per finire gradita e desiderata sorpresa ci invitano a pranzo, oggi era dura eravamo rimasti solo con riso e due banane, perfetto le conserveremo per la cena.
Che mangiata, pane fatto in casa, chorizo originale portoghese, asado, pollo alla brace, bacalao portoghese, insalata frutta birra vino e caffè.
E poi ancora a raccontare, sono tutti molto simpatici, qualcuno è già un po’ brillo in questo caso la simpatia aumenta, quando se ne vanno ci lasciano un paio di kili tra arance e mele, una grande papaia, acqua e succhi di frutta e ancora pollo bacalao insalata pane, tanto buon pane e un paio di litri di vino, ma non basta, ci invitano a pranzo per il lunedì.













Verso sera passa a salutarci Carlos, non Carlos il militare ma il pescatore, non quello con il fucile, ma un altro, e ohh… si chiamano tutti Carlos.
A parte Carlos il pescatore con il fucile conosciamo un altro Carlos, pescatore pure lui  ma questo Carlos ha la barca,  ufff che fatica… avete capito però.
Allora diciamo così, Carlos pescatore con la barca passa a salutarci, sta raccogliendo lattine per poi venderle a Dili, dice che oggi e domani non c’è pesce, colpa del tempo e poi si è rotto il motore della barca.

Gli raccontiamo la nostra giornata e dividiamo con lui il vino e il cibo, per noi erano troppe cose, prima di andare ci invita a casa sua.
Abita, così dice, nel primo villaggio  lungo la costa prima di arrivare sulla strada, la terza tenda quella con la scritta, ma la spiegazione è un po’ confusa, rimaniamo comunque che ci saremmo andati domani mattina verso le 10 appena smontato il campo.
La mattina il tempo è ancora incerto, la notte ha piovuto e sembra aver voglia di continuare, le nuvole sono minacciose e ogni tanto ci scaricano addosso un po’ d’acqua.
Smontiamo la tenda e la riponiamo bagnata come tutto il resto, carichiamo la poderosa e con attenzione andiamo, la strada è fango e buche, a shizu un paio di volte toccherà scendere per controllare il passaggio meno rischioso.
La spiegazione era veramente confusa, ma dopo un paio di andate e ritorno finalmente vedo l’entrata.
Il nostro amico Carlos abita davvero in un bel posto, una baracca una tenda niente di più, ma sulla spiaggia.
Ad attenderci lui con la giovane moglie Celestina  e i due figli piccoli, il cane e due maiali.
Anche la moglie vuole sapere del viaggio, facciamo foto, mangiamo calamari giochiamo con i bimbi, Carlos ci invita a stare li da lui, possiamo montare la tenda sulla sua spiaggia vicino alla sua.
Non pensiate sia stato facile capirci, loro parlano solo Tetum, no inglese e niente portoghese, solo qualche parola sciolta, ma come sempre alla fine ci si capisce.

Carlos ci racconta che ha anche un’altra moglie e un’altro figlio in Baucau, faccio un paio di battute lo prendo un po’ in giro e Celestina ride divertita, contenta lei…ma questa è un’altra storia ed è arrivata l’ora di andare a Dili.









Arriviamo in caserma, al quartiere della GNR,  la Guardia Nazionale Repubblicana. 

 Che accoglienza, Carlos Nuno Rodriges Cavaco e gli altri, ci presentano anche al capitano che dice che per qualsiasi cosa possiamo contare con il loro aiuto, officina  infermeria insomma tutto.
Pranziamo nella mensa insieme a tutti i militari, il cibo ottimo, non avevamo dubbi, i cuochi sono gli stessi del barbecue in spiaggia, poi un  caffè espresso sotto la veranda del bar.


Giro della caserma, la foto con il  plotone  davanti lo stemma del reggimento e ancora saluti e strette di mano,  poi cominciano i regali…-i regali ?-… si si proprio così.
Un bel paio di anfibi militari , qualcuno si è accorto che i miei stivali erano rotti, il tenente mi porta un paio di pantaloni e una maglietta, Carlos ancora un pantalone, quelli che indossano i ragazzi che fanno la scorta al presidente, anche a shizu nonostante sia piccolina è toccato qualcosa, una maglietta.
Anche dall’infermeria ci fanno un regalo, una scorta di farmaci di prima necessita e abbondante spray antizanzare.
È stato un accoglienza calorosa, brava gente.
Carlos ha fatto diverse missioni, è stato in kosovo in Afganistan e qua, già diverse volte, la prima nel 2006 durante la rivolta, dice che era impressionante, sempre battaglie per le strade e case che venivano incendiate ogni notte, davvero pericoloso, ma ora è super tranquillo, tanto che le forze di polizia delle UN lasceranno Timor Est in dicembre.

Ora andiamo,  Carlos prima di salutarci dice che dobbiamo ritornare per cena, dico no Carlos  è troppo davvero ti ringrazio ma no..e lui - ma non sono io che ti invito, la cena è offerta da  Rodriguez, comincia ad abituarti perché qua siamo 140 e ride,  ok allora 7,30 solo oggi però.

Ora ogni fine settimana facciamo pranzo o cena in caserma, ospitalità portoghese, e i regali continuano, questo fine settimana hanno regalato più cose a shizu, quasi quasi mi offendo.
 Questo sabato come al solito siamo andati a pranzo in caserma, siamo seduti sotto la  veranda a bere il caffè, shizu sta guardando le sue nuove magliette,  quando vediamo arrivare Joao.   Joao è un poliziotto che abbiamo conosciuto il giorno del nostro arrivo a Dili, lo  incontriamo ogni giorno e ogni giorno ci fermiamo a parlare con lui.   Joao è amico dei portoghesi e regolarmente passa in caserma, noi si pensava che il tipo fosse un semplice adetto al traffico, invece è il capo della polizia stradale di Dili, un pezzo grosso.
Come ci vede... ma voi che fate... ah siete amici dei portoghesi... avete problemi... vi do il telefono qualsiasi cosa... un problema…fate il mio nome, poi ci penso io... prima di andare via ha voluto fare una foto con noi,  Carlos mi dice che è una brava persona, 28 anni nella polizia, ed è un tipo corretto, cosa non abituale da queste parti.
Bene che altro vi racconto… cose ne avrei, tante da consumarmi i polpastrelli sulla tastiera, ma per ora basta.