Sveglia all’alba, il sole come dice Shizuyo gia “picchia”, sono le 8 andiamo.
Sulla strada verso la frontiera incontriamo i resti di quelle che un tempo erano citta, edifici di 8, 10 12 piani, semi abitati e consumati dal tempo, fabbriche chiuse, percorriamo grandi viali inanimati, le aiuole divorate dalle erbacce e dalla spazzatura, qualche vecchio seduto sui resti di una panchina, poi bambini e due donne con i sacchetti della spesa, parabole stellitari, ed enormi nuovi cartelloni che pubblicizzano compagnie di telefonia mobile, questi li puoi vedere ovunque, sono le sole cose nuove che abbiamo visto.
Arriviamo alla frontiera, ma ci sono volute 3 ore, passando da un ufficio all’altro, alla fine ci danno la visa prima pero dobbiamo pagare 100 euro, non accettano altra valuta neanche la loro, devo ricambiare i soldi, due cambi nella stessa giornata e non molto favorevoli, paghiamo e ora abbiamo un altro bell’adesivo sul passaporto, ma non è ancora finita ora tocca alla poderosa.
Mi fanno smontare le valige aprire tutto poi, mosso acompassione, e vedondomi completamente disfatto il doganiere mi dice di richiudere tutto, e di andare nell’altro ufficio con il carnet de passage della moto.
Qua una coda infinita, e qua non rispettano le code, qui ti si affiancano e ti spostano.
Il primo, il secondo il terzo, poi mi incazzo e gli urlo diverse brutte parole in italiano e mi impossesso letteralmente dello sportello e di quel cazzone di inpiegato, dopo mezzora sembra tutto concluso, ma vuole una fotocopia del passaporto, gli dico “falla” lui, mi dice che devo andare fuori, dietro l’ufficio, vado qui trovo una piccola stanza, dove un ragazzo fà fotocopie a pagamento, faccio la mia fotocopia e esco senza pagare, il ragazzo mi urla qualcosa, io mi fermo, giro la testa e la guardo o piu esattamente lo fulmino, lui smette di gridare si porta una mano sul petto e accenna un inchino, io ricambio con un cenno del capo e un sorriso.
Riporto la fotocopia, ritiro il carnet de passage timbrato e firmato e vado a recuperare Shizuyo, poi andiamo verso l’uscita, anche qua un nuovo controllo, documenti e poi si può uscire, siamo in IRAN.
La strada e assolata, non c’è un albero, la gente anche qui è ospitale, ogni fermata che facciamo per chierdere informazioni è un invito.
Arriviamo a Tabriz, Shizuyo consiglia, più precisamente ordina di fermarci 2 giorni per riposare, Tabriz è una citta grande, il traffico, qua in Iran è un caos, nessuno rispetta nessuno, tutti possono fare come vogliono, macchine e moto contromano, passando sui marciapiedi.
Qua tutto viene fatto sulla strada, sulla strada si vende, sulla strada si dorme, sulla strada si mangia.
Allucinante, incredibile, le macchine si fermano a caricare e scaricare la gente dovunque, in curva, seconda, terza fila, in mezzo a una rotonda o a un incrocio, è lo stesso, le strade non sono usate come da noi, qua ci puoi fare un po’ di tutto, puoi stendere il tuo tappeto e dormirci, puoi piazzare la tua tenda e fare camping, qua ora molto trandi.
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